Stronzi immaturi.
Io e Felix sfrecciamo per le strade fuori dalle terre del nostro branco, con i motori che rombano nella notte. La sua moto verde lime spicca nel buio come un’insegna al neon, mentre la mia, nera e affusolata, si fonde con le ombre. Aveva installato dei microfoni nei nostri caschi, una cosa di cui i lupi di solito non hanno bisogno, ma io non avevo ancora un lupo, e lui mi aveva insegnato a guidare molto prima che fosse legale. Solo nei dintorni delle terre del branco, ovviamente.
«Gira a sinistra qui avanti. Ti faccio vedere dove dovrai andare domani». La sua voce gracchia nel microfono.
Lo seguo da vicino, serpeggiando tra le curve come se quella strada l’avessimo costruita noi. Ci vogliono solo una ventina di minuti prima che compaiano i cancelli d’ingresso del branco della Luna Rossa. Le loro luci perimetrali brillano così tanto da poter essere viste dall’autostrada.
«Da domani avrai accesso» dice Felix. «Prendi la strada che attraversa la città. Non puoi non notare la casa del branco. È enorme».
«Cosa, più grande della nostra?»
«Molto più grande. L’Alpha Charles ha quattro figli maschi, più sua figlia».
«Quattro? È un’esagerazione. Chi è il futuro Alpha?»
«Tutti. Sono gemelli omozigoti».
Sbuffo. Sembra quasi uno scherzo del destino.
Guidiamo per un’altra ora, semplicemente girando e consumando le ultime ore della notte. Felix mi fa un resoconto sul branco della Luna Rossa e sui loro famigerati eredi playboy. Tutti e quattro. È triste, onestamente. Ho sempre immaginato di aspettare il mio compagno, qualcuno che condivida i miei stessi valori. Non tutti i lupi sono uguali, però. Spero solo che chiunque il fato abbia in serbo per me non sia un arrogante puttaniere.
Quando mi sveglio la mattina dopo, la mia stanza è ancora buia. Il mio spazio è piccolo ma confortevole, anche se lo tengo spoglio. Niente foto personali, niente decorazioni. Solo un letto, un comò e un angolo dove tengo le armi. Non mi piace mettere radici. Dormo, esco, vado avanti. Stare ferma non mi ha mai fatta sentire al sicuro. Il sole non sorgerà prima di un’altra ora, e per me è perfetto. Abbastanza tempo per mangiare qualcosa di leggero e poi andare ai campi di addestramento. Mi piace avere il mondo tutto per me mentre il cielo è ancora color blu notte. Senza occhi addosso. Senza sussurri alle mie spalle. Senza nessuno pronto a deridermi. Gli stronzi immaturi a scuola hanno rallentato negli ultimi anni, soprattutto perché il numero delle mie uccisioni è aumentato, ma questo non ferma del tutto la folla. I ragazzi con una famiglia, uno status, dei soldi. Quelli che scambiano il privilegio per personalità. Ho imparato a stare alla larga da loro.
Finisco il mio ultimo giro di defaticamento proprio mentre lo stronzo più grande di tutti entra nel campo passeggiando come se ogni filo d’erba gli appartenesse. Tecnicamente, è quasi così. Zion, il futuro Alpha, l’erede di tutto.
«Ma guarda un po’ chi si vede».
Si piazza esattamente sul mio cammino. Tento di scansarlo, ma lui ha già il suo lupo. È più veloce, e lo sa. All’ultimo secondo allunga una gamba. Inciampo e sbatto a terra così forte che mi bruciano i palmi delle mani e le ginocchia scricchiolano contro la terra battuta.
«Dovresti proprio guardare dove vai». Ridacchia, guardandomi dall’alto.
«Grazie per il consiglio» sbotto a denti stretti, e quel bastardo fa un sorrisetto compiaciuto.
Allunga una mano come se volesse davvero aiutarmi, ma lo ignoro e mi rimetto in piedi da sola.
«Essere riconoscente non ti ucciderebbe» dice. «Considerato che la mia famiglia ti ha permesso di restare sulle nostre terre.»
Serro la mascella. Ha sempre avuto un problema con me. Dice che sono praticamente una reietta di cui la sua famiglia ha avuto pietà. Come se avessi avuto voce in capitolo sull'essere stata abbandonata qui da neonata. Mi spolvero le mani e controllo le ginocchia. Pelle lacerata, sangue dappertutto. Perfetto. Do un'occhiata all'orologio: mancano solo quindici minuti al mio turno, e so che le guardie non si lamenteranno se inizio prima. Faccio per andarmene, ma la sua mano scatta e mi si stringe attorno al braccio. Forte. Mi lascerà un bel livido.
«Dovresti sistemarti prima di andare da qualsiasi parte. Lascia che ti aiuti.»
«Sparisci, Zion.» Strattono il braccio per liberarmi.
Borbottando qualcosa, ma non mi disturbo ad ascoltare. Afferro la borsa, indosso i leggings sopra i pantaloncini da ginnastica, allaccio i foderi alle cosce, sistemo la cintura in vita e l'imbracatura sulla schiena, assicurandomi che ogni arma sia esattamente al posto giusto. Poi esco per la ronda.
La ronda del mattino è di una noia mortale, il che per me va benissimo. Mi dà il tempo di fare qualche giro in più per sbollire prima di scuola. La scuola è sempre un inferno. Non c'è modo di sfuggire alla folla, solo di evitarla. Conosco i loro orari a memoria, meglio dei miei. Per fortuna, seguo i corsi avanzati, quindi in classe sono al sicuro, perché pare che gli stronzi non siano abbastanza intelligenti da accedervi. Tecnicamente, potrei diplomarmi quest'anno. Sono solo al penultimo anno, ma mi sono portata avanti con gli studi. L'Alpha Marcus mi ha detto che posso scegliere se restare con i miei coetanei o finire prima. Non si è mai accorto di come mi tratta il branco, ma non gliene faccio una colpa. Ha problemi più grandi di cui preoccuparsi che non dei ragazzini viziati della casa del branco che fanno gli stronzi con un'orfana. Punto a lasciare a metà anno. Ho già fatto domanda per la facoltà di medicina e per una manciata di corsi online. Sharlene, la dottoressa del nostro branco, mi ha promesso che potrò fare il tirocinio sul campo con lei non appena sarò pronta. Ho messo da parte abbastanza soldi che, anche senza una borsa di studio, posso farcela.
Apro l'armadietto per prendere i libri della prima ora. Puntuale come un orologio svizzero, arriva Cindy con il suo branco di oche. I loro armadietti, sfortunatamente, sono proprio accanto al mio. Un incontro quotidiano a cui sembra non riesca mai a sfuggire.
«Oh mio Dio, che puzza!» strilla Cindy.
«Dev'essere una cosa da orfani» aggiunge un'altra ragazza.
«Hai ragione. Nessuno le ha mai insegnato a farsi la doccia. Poverina, che tristezza.»
Alzo gli occhi al cielo, sbatto l'anta dell'armadietto e passo dritta in mezzo al loro gruppetto, costringendole a farsi da parte.
«Oh mio Dio, che schifo! Cindy ha i germi degli orfani!»
Giuro che hanno raggiunto il loro picco intellettivo a cinque anni. E questa sarebbe la ragazza destinata a diventare la prossima Luna. Capelli biondo platino, tette finte, un cervello pieno di elio e una cattiveria che scambia per sicurezza. Certe volte, prego sinceramente che la Dea della Luna abbia senso dell'umorismo.
