Piccolo guerriero.
Invidia
Il punto di vista di Elona
Schizzi di sangue mi macchiano una guancia mentre la testa di un altro lupo reietto cade sull’erba umida. Il suo calore mi si posa sulla pelle come una strana benedizione nell'aria fresca della notte. Ritiro la spada e piroetto sui talloni un attimo prima che le fauci del lupo successivo possano serrarsi sulla mia spalla. La lama fende di netto da un lato della sua mascella fino in fondo alla pelliccia grigio scuro e arruffata. Emette un solo guaito, poi roteo di nuovo la spada e prendo anche la sua testa. Sette corpi di reietti giacciono morti intorno a me, il loro sangue che impregna il terreno. Sento il rumore ovattato di un movimento e assumo un'altra posizione, pronta a colpire, ma il lupo davanti a me si trasforma a mezz'aria.
«Calma, piccola guerriera, sono solo io».
Juls, una delle guardie di pattuglia, si avvicina con le mani alzate. «Stavolta gli hai dato una bella lezione». Fischia a bassa voce, osservando il macello.
«Già, grazie dell'aiuto, eh», borbotto. Lui si limita a ridere e mi scompiglia i capelli.
«Non avevi bisogno del mio aiuto. E poi, scommetto che questo sarà il tuo anno».
Il mio anno, quello in cui compirò diciott'anni e finalmente otterrò la mia lupa, ecco cosa intende. Dato che sono stata abbandonata al confine del branco quando ero una neonata, nessuno sa quando sia il mio compleanno, e quindi nessuno sa quando si manifesterà la mia lupa. Essere un'orfana significa anche essere sacrificabile. Sono stata cresciuta dai guerrieri e, quando ero piccola, mi portavano con loro di pattuglia per potermi dare da mangiare e tenermi d'occhio. A volte mi portavano a casa dalle loro compagne, ma ho passato gran parte della mia vita in prima linea, ai confini del branco. Quando hanno deciso che avevo circa dodici anni e ho ucciso per la prima volta, l'Alpha Marcus ha iniziato a darmi una paga e mi ha assegnato turni di pattuglia che si incastrassero con i miei orari scolastici. Non ho mai avuto molto su cui spendere soldi, visto che vivo nella casa del branco con gli altri che non possiedono ancora un'abitazione. Il cibo è gratis, e l'unica cosa che ci si aspetta da noi è che puliamo quello che sporchiamo e che facciamo qualche turno in cucina. Io faccio quasi tutti i turni per la cena, perché si adattano alla mia routine. Pattuglia all'alba, scuola, di nuovo pattuglia, turno per la cena, dormire. E si ricomincia.
Per colpa dei reietti, adesso sono in ritardo per il turno della cena, ma sono sicura che Jenny mi coprirà.
«Posso solo sperare che sia il mio anno, Juls».
«Non preoccuparti, ragazzina. Anche senza la tua lupa, te la sei sempre cavata meglio della maggior parte di quelli che ce l'hanno».
Sospirando, trascino uno dei corpi dei reietti verso la fossa per il falò, dove li bruciamo da questo lato del confine.
«Sì, lo so, ma…» Faccio spallucce. «Sarebbe bello sentirmi legata a qualcuno, tutto qui».
Juls lascia cadere il corpo che sta trasportando e incrocia le braccia sul petto.
«Tu sei legata a noi. A tutti noi. Saremo sempre la tua famiglia, ragazzina».
I suoi occhi si velano, perso in un collegamento mentale, e io aspetto che finisca.
«L'Alpha vuole parlarti. Ha detto di non preoccuparti per il turno della cena, ci pensa Jenny».
«Tutto a posto con questi?» chiedo, indicando i corpi con un cenno del capo.
«Lo sai che per me non è un problema. Vai.» Mi fa un gesto sbrigativo con la mano.
Dieci minuti dopo sono fuori dall'ufficio dell'Alpha e cerco di pulirmi il sangue dalla faccia, ma l'unico risultato che ottengo è di spargerlo ancora di più.
«Entra, Envy.» La voce dell'Alpha Marcus arriva attraverso la spessa porta di legno.
«Alpha Marcus» saluto, chinando il capo.
«Julian ha detto che vi siete imbattuti in un altro attacco di randagi.» Mi indica la sedia di fronte alla sua scrivania. Sguaino le mie doppie spade e le appoggio sul tavolo prima di sedermi, facendo attenzione a stare solo sul bordo per non rovinare i mobili tanto amati dalla Luna.
«Erano in sette» dico, impassibile.
«Hai fatto un ottimo lavoro.»
«Grazie, Alpha.»
Lui si appoggia allo schienale. «L'Alpha Charles del branco della Luna Rossa ha sentito parlare delle tue abilità. Mi ha chiesto di farti una proposta. Una proposta ben pagata.»
«Ah, sì?»
«È un grande onore. Sua figlia, Aleisha, ha più or meno la tua età. È la compagna del loro futuro Beta, quindi un giorno sarà la femmina Beta, e lui vuole che sia addestrata come si deve.»
«Non è stata addestrata?»
«Sì, ma non a un livello che lo soddisfi. Vuole che ti alleni con lei. Ti toglierò dalle ronde pomeridiane. Dopo la scuola, andrai al branco della Luna Rossa e vi allenerete per due ore al giorno. Ti andrebbe bene?»
«Sì, Alpha. Sarebbe un onore.»
«Perfetto. Informerò l'Alpha Charles che inizierai domani. Ora va' dal Beta Felix in garage. Ha una sorpresa per te.»
Esco con una strana sensazione di sfarfallio nello stomaco. So di essere brava. Mi alleno da prima ancora di imparare a camminare. Ma essere riconosciuta per questo? Fa tutto un altro effetto. Forse è così che ci si sente quando un genitore ti fa un complimento.
Trovo il Beta Felix fuori dal garage, che vibra praticamente per l'emozione. È la cosa più vicina a un genitore che io abbia mai avuto. È stato lui a trovarmi al confine e a convincere l'Alpha Marcus a lasciare che i guerrieri mi tenessero con loro.
«Ciao, piccola guerriera!»
«Beta Felix. A cosa devo il piacere?»
«Hai presente quella moto a cui stavamo lavorando?» Il suo sorriso si allarga mentre apre il garage. «Beh, è finita.»
Eccola lì, scintillante sotto le luci. Il progetto a cui ci siamo dedicati per più di un anno. Pezzo dopo pezzo, bullone dopo bullone. La nostra CBR1000 personalizzata. Nera come la notte. Affusolata come il peccato. Veloce da strapparti la pelle di dosso.
«Wow. È stupenda…» Le passo una mano sulla carrozzeria liscia. È la terza che costruiamo insieme. Felix mi ha insegnato a smanettare con i motori fin da quando ero piccola. La prima era una CBR600, che ha usato per insegnarmi a guidare. La seconda una 1000 verde lime, sexy da morire, che ha subito reclamato come sua.
«Questa te la sei guadagnata.» Mi lancia le chiavi.
«Non ci credo. Davvero?»
«Davvero, davvero. Ora vai a pulirti la faccia e prendi l'attrezzatura. Portiamo a fare un giro questa bambina.»
